giovedì 28 dicembre 2017

LA TRAPPOLA DEL
A ME SUCCEDE SEMPRE COSÍ




Ho imparato dai miei errori, e sono sicuro di poterli ripetere esattamente.

Peter Cook



A tutti è capitato di pensare “mi capita sempre così”, riferita a problematiche sentimentali, di lavoro, di amicizia o nel rapporto con i familiari. Alcune persone sembrano pensarlo più di altre.

Ci sembra che la vita ci riproponga sempre lo stesso copione, gli stessi ostacoli o gli stessi dubbi.

Ecco allora alcuni suggerimenti per svincolarci da questa trappola:

·         Osservare il nostro copione di comportamento: spesso siamo noi a ripetere gli stessi errori o a mettere in campo le stesse azioni. Questo è visibile soprattutto nelle questioni sentimentali: se ad esempio abbiamo la tendenza a dire sempre sì, a ignorare i segnali di allarme e a non esprimere il nostro parere, è molto probabile che attireremo sempre persone egoiste o egocentriche.

·         Notare le differenze: a volte, infatti, vedere le stesse cose è essa stessa una trappola autoindotta; ci sembra, continuando con l’esempio precedente,  che le persone frequentate siano tutte uguali o abbiano gli stessi difetti. E’ un vero peccato non cogliere le differenze e le variazioni anche perché queste ci costringono, una volta osservate più da vicino, a cambiare i nostri copioni e il nostro modo di rapportarci agli altri. Inoltre, aggiungono ricchezza al nostro bagaglio e da “a me capita sempre così” potremmo ritrovarci a pensare “a me capita spesso così, ma con qualche variazione”!. E’ già un piccolo cambiamento…..


·         Riconoscere la distorsione cognitiva : essere convinti che un determinato passato comporti un uguale futuro è solo un nostro limite. Generalmente la vita è molto più imprevedibile e contradditoria di quello che pensiamo, perciò vedere uno schema ripetitivo in essa ci può essere utile in termini di “senso di sicurezza” ma può rappresentare anche, come abbiamo visto, una trappola.



E tu, come ti comporteresti, cosa faresti di diverso - già da oggi - se fossi sicuro che il tuo futuro sarà diverso dal passato?


Dr.ssa Sabrina Trojani

martedì 19 dicembre 2017

LA PAURA NEI BAMBINI






La paura è un’emozione comune a tutti gli esseri umani, compresi i bambini.

Per questo i genitori non dovrebbero allarmarsi davanti una prima manifestazione di paura del proprio figlio (ad esempio , il pianto nel primo giorno di scuola), considerando anche che, per i più piccoli, ogni esperienza è nuova e misteriosa.

Qualora invece le manifestazioni di spavento o di ansia dovessero ripetersi continuamente davanti al medesimo stimolo allora, con molta probabilità, si è davanti alla strutturazione di una vera e propria problematica (fobia).

Alcuni bambini, per componenti innate, possono apparire “più coraggiosi” di altri, e non è necessariamente vero che le paure dei genitori si trasmettono inevitabilmente al figlio.


Il modello Strategico ha piuttosto individuato, anche nei piccoli come negli adulti, il meccanismo per cui sarebbero le tentate soluzioni messe in atto per cercare di superare la paura a  far sì che questa si strutturi e si alimenti.

Anche nel bambino troviamo quindi:

  • -          L’evitamento: nel nostro esempio il bambino, con il pianto o i capricci, ottiene di rimanere a casa da scuola

  • -          Richiesta di aiuto e rassicurazione: il bambino non affronta l’ostacolo da solo o necessita di continue rassicurazioni.


Anche i genitori metteranno a loro volta in atto delle tentate soluzioni che risulteranno ben presto non funzionanti:

  • -          Tentativo di rassicurazione: il bambino aumenta il pianto o i capricci oppure si tranquillizza per poco

  • -          Cercare di minimizzare: in questo caso può accadere che il bambino non si senta capito

  • -          Assecondare il comportamento del figlio: cedere ai suoi piccoli “ricatti”

  • -          Accompagnarlo o fare al posto suo: inviando così il messaggio che da “solo non è in grado di farcela”.


Una domanda che può fare da guida ai genitori è se ciò che stanno facendo permette al figlio di diventare sempre più coraggioso o se la paura rimane.

Nel caso la paura persista, occorre cambiare strategia

Con l’aiuto di un professionista, i genitori possono costruire strategie nuove e creative per fare in modo che il bambino affronti da solo i suoi timori , con i genitori che “gli guardano le spalle” per trasmettere un senso di sicurezza senza cadere nell’aiuto che danneggia.


Dr.sa Sabrina Trojani
www.studiopsicologiaverona.it


Libri consigliati:
Genitori in Pratica, R.Milanese, L.Pettenò
Edizioni Erickson,2014 


lunedì 11 dicembre 2017

LETTO PER VOI


La terapia degli attacchi di panico





Significativo è il sottotitolo “Liberi per sempre dalla paura patologica”. L’intervento per il disturbo da attacchi di panico infatti , oltre ad essere efficace in tempi brevi, dovrebbe essere anche definitivo
Non è possibile raggiungere quest’ultimo traguardo attraverso il ricorso a farmaci poiché questi offrono una soluzione temporanea – l’effetto definitivo è raggiungibile solo nel caso si continui a prenderli, e non è nemmeno scontato si raggiunga, dato l’effetto abituazione.

Va detto anche che, nel modello strategico, gli psicofarmaci vengono equiparati a delle stampelle, senza le quali la persona si ritrova a zoppicare, come non fosse più in grado di camminare da sola. Molti, se non tutti, sono i pazienti che chiedono di poter fare a meno di queste sostanze, anche qual ora dovessero realmente funzionare. 
L’effetto degli ansiolitici inoltre non è uguale per tutti, e non deve stupire che a volte contribuiscano solo ad un generale senso di intorpidimento, senza dare la reale capacità alla persona di affrontare le situazioni temute).

Gli obiettivi quindi, davanti a questo disturbo, devono essere:
  • Conoscere come funziona un attacco di panico 
  • Capire come si passa da un singolo attacco ad un vero e proprio Disturbo da Attacchi di Panico 

  • Conoscere le strategie e le soluzioni per uscire definitivamente dal problema , o perché il problema non si presenta più o perché la persona ha acquisito le tecniche che le permettono di bloccare, sul nascere, un attacco.


Il testo offre esempi di casi affrontati e risolti dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, dove emerge chiaramente il lavoro di ricerca di COME funziona il problema, anziché il PERCHÈ, e di COME uscirne in tempi brevi.
Risponde inoltre ai tre punti sopra indicati.

A chi è destinato il testo?

La lettura è adatta a tutti, quindi anche ai non addetti ai lavori. Alcuni lettori potranno rispecchiarsi in uno degli esempi citati e potranno toccare con mano un metodo di intervento psicologico che ha dimostrato un efficacia in oltre il 95% dei casi.


Può interessarti leggere anche:
"Liberarsi in tempi rapidi dalla trappola del panico"


Dr.ssa Sabrina Trojani

mercoledì 6 dicembre 2017

ANCHE I DISTURBI SEGUONO LE MODE?




E’ un fatto ormai ben visibile in psicologia che ognuno, quasi sempre, costruisce i problemi che poi subisce; è chiaramente, il più delle volte, un meccanismo involontario e inconsapevole, che a ben guardare non è totalmente negativo. 
Se sono infatti “parte del problema” posso essere anche parte della soluzione; non è un caso che, in psicologia strategica, il solo bloccare le tentate soluzioni disfunzionali che la persona mette in atto e, contemporaneamente,  il mantenere e rinforzare le soluzioni che funzionano, basti molto spesso per ottenere significativi miglioramenti.

Ma non possiamo ignorare l’influenza che le condizioni storico, sociali ed economiche hanno sulla vita delle persone; gli psicologi quindi possono notare che in periodi diversi è possibile registrare diverse incidenze delle problematiche.

E’ abbastanza intuitivo ad esempio capire che, in un periodo post bellico o in zone geografiche martoriate da conflitti, la frequenza del Disturbo Post Traumatico da Stress sia molto più elevata, e non solo nei soldati direttamente coinvolti nel conflitto; un altro esempio è ben rappresentato dai casi in cui inizia ad essere commercializzato un nuovo farmaco per un determinato disturbo1: l’invenzione di una nuova classe di antidepressivi  sembra rendere allora, ad esempio,  “più facile” la diagnosi di depressione.

Nell’epoca odierna, negli studi di psicologi e psicoterapeuti,  iniziano ad essere sempre più frequenti i disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi, che sembrano , nei numeri,  aver preso il primato a disturbi d’ansia e attacchi di panico.2

La possibilità di avere tutto sotto controllo, a partire dalla propria salute – grazie ai progressi della medicina- fino ad arrivare al luogo in cui si trovano i propri figli (con le app degli smartphone) passando per la comunicazione con gli altri (sms, social, e-mail sempre attive sul telefono), rischia di far cadere l’essere umano nell’autoinganno del “più cerco di ottenere il controllo e più lo perdo”: da qui, l’ossessione costante che il telefono sia sempre carico e connesso, la compulsione di sottoporsi ad esami medici costanti e continui, la necessità maniacale di avere tutta la giornata ( o la vita) perfettamente organizzata e prevedibile.

Inserire quindi un piccolo imprevisto nella quotidianità (lasciare a casa il cellulare, rimandare una commissione, posticipare la lettura di una mail…) possono essere piccoli antidoti alle tendenze ossessive.


1 Un interessante analisi sugli psicofarmaci la trovate in “Psicopillole” di Alberto Caputo e Roberta Milanese, Ed. Ponte alla Grazie, 2017
2 In molti più casi di quello che si pensa, i sintomi che il paziente porta come di tipo “ansioso” possono in realtà rivelarsi di altro tipo (ossessioni, rabbia, compulsioni….)