mercoledì 20 settembre 2017

LA CONDIZIONE DELLA “MENTE PESANTE”




Sempre più spesso arrivano negli studi degli psicologi pazienti che lamentano una condizione di “mente pesante”, sempre attiva e sempre piena di pensieri. La sensazione è quella della testa che “non stacca mai”.

L’obiettivo della richiesta di aiuto è quindi quasi sempre quello di tornare ad avere la “testa più leggera" appunto.

Ma cosa si nasconde dietro questa sensazione?

Dietro a questo continuo rimuginare possono esserci diverse spiegazione, vediamone alcune

  • -          Pensieri ossessivi: generalmente in questi casi vi è un forte bisogno nella persona di avere tutto sotto controllo. Il problema nasce quando si innesca la paura che ciò non avvenga. Nella mia pratica clinica ho incontrato le più svariate paure come ad esempio la paura di poter fare del male ai propri figli, la paura di avere un raptus di follia in mezzo alla gente, la paura di farsela addosso in pubblico, la paura di non riconoscere più i propri cari.
  • -          Catena di dubbi (dubbio patologico): in questi casi si va alla costante ricerca di risposte razionali e confortanti a dubbi o paure. Per questo la persona può chiedersi continuamente se riuscirà o meno a terminare un lavoro, ma anche di quale orientamento sessuale è o se è veramente innamorata o meno del proprio partner.

  • -          Angoscia: più che paura è la certezza che qualcosa di brutto accadrà. E’ forse una delle condizioni più difficili da sopportare, con quadri che possono essere confusi con la depressione. La persona vive come se avesse “una condanna a morte sulla propria testa”

  • -          Rabbia: in questi casi il tentativo di “farsi scivolare addosso le cose” e provare a dimenticare non funzionano. La rabbia è come un veleno che fa sputato fuori.


Questi sono solo alcuni dei meccanismi che “stancano” la nostra mente. Compito dello psicologo è proprio quello di individuare quale, inconsapevolmente, la persona mantiene attivo per individuare le opportune strategie risolutive.

Dr.ssa Sabrina Trojani

mercoledì 6 settembre 2017

COSA C’è DIETRO LA DEPRESSIONE?



Considerata dai più una patologia a sé stante, spesso viene curata con farmaci che promettono di risollevare l’umore, dimenticando che “Umore” è un costrutto psicologico e non empirico.

Sicuramente l’intervento farmacologico risulta, in alcuni casi, importante, finanche necessario, ma quasi mai sufficiente. 
L’organismo si ritrova attivo, ma le dimensioni del piacere e del senso della vita risultano, in ogni caso, disperse.

La condizione depressiva viene descritta, nel modello strategico, come il risultato di una credenza che si è rotta, ed è proprio tale credenza che viene indagata (in alcuni casi fin da subito, in altri casi solo in seguito ad un lavoro sui pensieri più negativi). Può trattarsi di una credenza di tipo ossessivo, paranoico, di dipendenza affettiva o altro.

In altre parole si assiste, in caso di depressione, allo sfaldamento di una illusione; la persona, nel ruolo di vittima quindi, si ritrova delusa di sé, degli altri o del mondo. 

Stanare” la vittima permette di recuperare quel senso di efficacia che impedisce alla persona di arrendersi davanti alle difficoltà (e la resa è proprio la disfunzionale tentata soluzione del depresso). E’ un lavoro fatto di adeguate strategie comunicative, di persuasione e confronto ma anche di tecniche cucite spesso ad hoc sulla persona, poiché, come ricorda Neil Postman:

“Le persone che per qualche motivo sono angosciate a volte preferiscono un problema che è loro familiare piuttosto di una soluzione che non lo è per nulla”

Dr.ssa Sabrina Trojani
studiopsicologiaverona.it