lunedì 28 agosto 2017

SE IL PROBLEMA E' NEL PASSATO





In alcune problematiche che la persona porta in studio, è possibile riscontrare un legame con il passato: ingiustizie subite, errori commessi , occasioni perse, incomprensioni mai superate. 


Per ogni avvenimento è possibile portare con sé un emozione che alla lunga ci logora e rovina il presente : rabbia, senso di colpa, tristezza, depressione, rimpianti. Finanche pensieri ossessivi.


Approcciare tali problematiche in senso strategico significa lavorare su queste emozioni che si esprimono nel presente, nel qui ed ora, sebbene siano legate ad episodi passati. 


Il passato non si può cambiare, questo lo sappiamo. Ma agire nel presente sì. 

Spesso è possibile eseguire un’azione riparatrice, e stupisce sempre un po’ vedere  pazienti che non l’avevano considerata.
Oppure l’avevano esclusa a priori per questioni di orgoglio personale il quale, contrariamente a quanto si pensa, si rinforza nel momento stesso in cui lo si mette da parte. 


Qual ora riparare non sia più possibile, rimane aperta la strada del lavorare sulle emozioni affinché , parafrasando Pino Caruso, gli uomini non trascorrano la prima metà della loro esistenza sognando il futuro e la seconda rimpiangendo il passato.


Pur non essendo terapeuta strategico, ecco un ottimo esempio di approccio concreto descritto dal grande  Yalom: 


Qualche volta trovo utile sottolineare l’assurdità della resistenza basata su avvenimenti passati, ormai irreversibili.

 Una volta ebbi un paziente resistente, molto bloccato, che persisteva nel dare la colpa a sua madre per avvenimenti accaduti decenni prima. 

Lo aiutai a comprendere l’assurdità della sua posizione chiedendogli di ripetere più volte questa frase: 
 <<non cambierò, mamma, finché tu non mi tratterai diversamente quando avevo otto anni>>

[…] Qualche volta ricordo semplicemente che presto o tardi dovrà abbandonare l’obiettivo di avere un passato migliore”

Dr.ssa Sabrina Trojani


giovedì 10 agosto 2017

RAGIONE CONTRO AUTOSTIMA




Perché spesso seminari di gruppo o libri sull’autostima non sembrano funzionare come speriamo?

Perché in entrambi i casi si commette l’errore di dare per scontata la definizione di autostima, che a ben guardare non è uguale per tutti. Ciò che rende una persona fiduciosa di sé stessa può non avere alcun valore per un’altra.

Non solo, ma spesso si propone un percorso inverso rispetto a ciò che accade nella realtà: prima acquisisco fiducia in me stesso e poi mi muovo nel mondo.

Eppure, accettando per vera la premessa (assai condivisibile aggiungerei) che autostima e fiducia in sé stessi siano sinonimi, possiamo riflettere su cosa significa dare fiducia ad una persona.

Come ci ricorda Watzlavick, ragione e fiducia non possono coesistere1: fidarsi è un atto di coraggio, se vogliamo un atto irrazionale, fatto alla cieca. Si corre sempre un rischio e l’unico salvagente che abbiamo è quello di fidarsi a piccole dosi.

Non è molto diverso da quello che dovremmo fare con noi stessi: metterci alla prova come metteremo alla prova gli altri. Non attendere che la sicurezza del risultato sia antecedente all’azione. 

L’autostima non è mai a priori, non arriva mai prima dell’azione ma sempre dopo aver superato una prova.

L’aspetto speciale è che non sempre è necessario ottenere “buoni voti” per piacersi di più.
Spesso basta solo averci provato.

Dr.ssa Sabrina Trojani
www.studiopsicologiaverona.it

1”Guardarsi dentro rende ciechi”, Ed.Tea, 2007, pag.87

lunedì 7 agosto 2017

IL DOLORE NELLO ZAINO 





Molti tentativi di evitare la sofferenza non fanno altro che prolungarla.

In amore, nel lutto, nella delusione … concedersi il dolore, tutto fino in fondo, permette poi di tornare a galla e da lì, ricominciare a nuotare.

Le ferite non saranno più aperte,  pronte a farci sanguinare ad ogni nuovo passo; rimarranno cicatrici, per di più invisibili agli altri ma visibili agli occhi di chi le porta. 

Il dolore fa parte degli oggetti nello zaino della nostra vita; nessuno esente, alcuni più leggeri di altri.

Ignorare la sua presenza significherebbe solo portare un peso sempre più difficile da gestire. Prenderlo tra le mani e osservarlo permette poi di riporlo nella giusta collocazione; magari in fondo a questo zaino sopra al quale inserire gli altri oggetti della nostra vita.



Dr.ssa Sabrina Trojani


Vedi anche il mio articolo:
http://articolidipsicologia.blogspot.it/2016/06/inno-al-pessimismo-concedersi-il-lusso.html

martedì 1 agosto 2017

MANTENERE ALTA LA MOTIVAZIONE 

PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI





Tutti noi sappiamo che uno degli ingredienti fondamentali per raggiungere i nostri obiettivi si chiama motivazione; dizionario a parte, il significato che ognuno di noi può dare a questo termine non è così semplice, probabilmente perché non stiamo parlando di un elemento stabile ma di un processo.

E’ utile prefigurarsi la motivazione come un’onda, con punte di massima altezza ma anche di bassi livelli; quest’onda è sensibile, tra le varie cose, anche ai cambiamenti ambientali  ossia il contesto in cui ci muoviamo, comprese quindi le altre persone.

Muoversi e agire nel giusto contesto risulta quindi importante; tradotto: meglio circondarsi di persone che credono in noi e frequentare contesti di persone che ce l’hanno fatta o che, come noi, stanno lottando.

Anche il nostro “ambiente interno” ha un peso importante sulla costruzione e il mantenimento della motivazione; fissare chiaramente nella nostra mente gli obiettivi da raggiungere è utile ma non sufficiente.

Alcuni studi mostrano che non solo gli obiettivi positivi possono aiutare, ma anche quelli espressi in forma negativa; immaginare cioè cosa succede se non raggiungo quanto mi sono prefissato/a (esempio di obiettivo positivo: “voglio laurearmi prima dell’estate”; esempio di obiettivo in negativo “se non mi laureo nel tempo stabilito non potrò andare in vacanza tranquillo”)

Inoltre, essendo la motivazione un processo, vale la pena immaginarsi non solo e non già ad obiettivo raggiunto ma in tutta la fase di lavoro, includendo tutti gli ostacoli che potremo trovare, “guardandoci” nell’atto stesso di superare tali difficoltà (esempio: quando sarò davanti alla tentazione di non studiare, opterò solo per una piccola pausa)

Infine, come ci ricorda Gregg Krech  ne L’arte di passare all’azione: 
dobbiamo tenere duro perché ciò che stiamo facendo continuerà a essere importante anche dopo la fine dell’esaltazione.


Dr.ssa Sabrina Trojani
www.studiopsicologiaverona.it