lunedì 27 novembre 2017

LA PAURA DI FARSELA ADDOSSO




Photo by Dmitry Ratushny on Unsplash


Parliamo di una problematica che solitamente imbarazza le persone, anche qual’ora si trovino davanti allo psicologo, il cui compito è chiaramente prima di tutto quello di dare tutto lo spazio e il tempo al paziente di spiegare e trovare “le parole giuste” per dirlo.

Può forse un po’ tranquillizzare sapere che parliamo di una problematica più frequente di quello che si pensa, e nella mia pratica clinica ho affrontato molti casi di questo tipo.

Si tratta di un problema appartenente alla sfera fobico-ossessiva: 
in alcune persone è più spiccata la parte dell’evitamento (quindi la parte fobica) come ad esempio evitare di andare in luoghi nuovi, dove non è possibile conoscere a priori la posizione del bagno, evitare di andare in macchina con altre persone (per paura di stare male e dover spiegare la siutazione), evitare alcuni cibi, che si pensa possano avere qualche effetto gastrointestinale spiacevole. 

Altre persone sono più orientate al controllo, cercano quindi di fare una vita “normale” , ma non possono fare a meno  di “controllare” il proprio corpo con “appuntamenti al bagno” frequenti, avere sempre con sé  i medicinali adeguati, un cambio intimo, i fazzoletti, e diventa più forte di loro controllare preventivamente dove si trovano i bagni, qualsiasi spostamento facciano.

L’aspetto più frustrante, che quasi tutti i pazienti riportano, è quella sensazione di perdita di controllo sul proprio corpo, l’idea che esso possa “abbandonarci” da un momento all'altro, mettendoci in una situazione imbarazzante. 
Questo pensiero può scattare per un episodio realmente accaduto , ma non necessariamente.

Sicuramente, il primo aspetto che è bene sottolineare, è che sono proprio i tentativi costanti di gestire la situazione a costruire o mantenere il problema
- più ritualizzo i miei controlli in bagno e più alimento l’idea ossessiva di perdere il controllo;
- più evito una situazione e meno sarò in grado di affrontarla, confermandomi da solo che, diversamente dagli altri, non posso fare della mia vita quello che voglio.

Il modello strategico della psicologia ha messo appunto, in molti anni di ricerca, gli interventi specifici per questa problematica, interventi che permettono, in modo graduale, di abbandonare i controlli ossessivi e vincere la paura.

Dr.sa Sabrina Trojani
www.studiopsicologiaverona.it


martedì 21 novembre 2017

LA PERDITA DI UNA STORIA D’AMORE






Quando un amore finisce, il dolore che ne consegue non è solo dato dall'allontanamento di quella persona specifica, ma anche dalla rottura di quella credenza sulla quale ognuno di noi costruisce la propria storia con il partner.

La vita con l’altra persona viene investita di significati, di aspettative, illusioni e speranze e, in base a tutto questo, noi ci muoviamo nel quotidiano; abbiamo tutti in mente il compagno o la compagna IDEALI , così come la storia d’amore IDEALE

Ben presto però, si sa, qualche piccola crepa si insinua dovuta a fraintendimenti, difetti, difficoltà quotidiane ; oppure la rottura di questo ideale può essere molto profonda e la coppia si spezza.

In questo caso la persona mette in atto delle tentate soluzioni  che possono rivelarsi disfunzionali, come spiegano bene le autrici Emanuela Muriana e Tiziana Verbitz 1 :


Di fronte all’incredulità dell’evento c’è sempre una risposta di attesa che può evolversi nel resistere, aspettando che la situazione si ripristini. Questo, nel lungo periodo, può dar luogo a stati di dipendenza dal partner, che è sempre in up position. Altre volte le persone si arrendono ai fatti ma si vivono come vittime che delegano al partner la propria felicità. Esiti depressivi clinicamente rilevanti”.


Questi tentativi solo apparentemente ci salvano dal superare una rottura che a tutti gli effetti è paragonabile ad un lutto; anzi, recenti ricerche mostrano che la chiusura di una relazione può rivelarsi più dolorosa della morte di una persona cara.

Un percorso psicologico può aiutare la persona che da passivamente vittima diviene attivamente pronta ad attraversare il dolore, modificando la propria credenza originaria quindi accettando una nuova visione della storia d’amore  (“Non sei il Principe Azzurro che credevo fossi, ma possiamo comunque stare bene insieme2 ) o decidendo di chiudere la relazione.


Dr.sa Trojani Sabrina

1 Pag. 95, Psicopatologia della vita amorosa
2 idem

martedì 14 novembre 2017

LA BIZZARRIA DEL DOCDisturbo Ossessivo Compulsivo


         
Non poter fare a meno di qualcosa significa che non la possediamo, ma che ne siamo 
                      posseduti.                       
 Enrico Maria Secci



Quando parliamo di DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) ci riferiamo alla necessità per la persona di eseguire delle azioni, mentali o comportamentali, definite appunto compulsioni. 

Affinchè si possa parlare di compulsioni occorre che tali azioni siano sentite come incontrollabili e ripetitive; per questo vengono definite anche con il termine rituali.

Analizzare, durante il lavoro terapeutico, il contenuto delle compulsioni può condurre fuori strada poichè non c’è limite alla “fantasia” della mente : nell'immaginario collettivo sono conosciuti come compulsioni il controllare più volte di aver chiuso il gas o le porte, lavarsi ripetutamente le mani o mantenere un ordine e una pulizia maniacali in casa. Ma ognuno di noi può costruire un rituale originale e unico come, ad esempio, camminare calpestando solo alcune mattonelle, sistemare il cibo nel piatto con un determinato schema geometrico, ripetersi mentalmente una formula per un numero di volte dispari (o pari), sistemare il tappetto di casa sempre e solo con una determina angolazione (tutti esempi reali tratti dalla clinica).

Ciò che invece è risultato efficace è considerare lo schema di base delle compulsioni; troviamo quindi:

- Compulsioni basate sul piacere
- Compulsioni basate sulla paura

Oppure

- Compulsioni per sensazione
- Compulsioni per ripetizione

Ancora

- Compulsioni mentali
- Compulsioni comportamentali
- Entrambi i casi

La distinzione è importante per il terapeuta, affinchè possa costruire adeguate tecniche che permettano di superare la problematica.

Un’aspetto, che spesso la persona scopre già in prima seduta, è che queste compulsioni sono la prova evidente che la soluzione può diventare essa stessa il problema.

Il rituale messo in atto infatti ha lo scopo, per la persona, di placare l’ansia e il pensiero negativo; è però, con le parole di Nardone, un controllo talmente ben riuscito che si diventa schiavi dello stesso. La compulsione (e non l’ansia) diventa il sintomo, ciò a cui la persona vorrebbe rinunciare senza riuscirci; è ciò che è possibile attaccare e far collassare con le adeguate strategie che seguano - e non si scontrino - con la logica, anche bizzarra, del problema.  

Non esiste uomo che non venga tiranneggiato a volte da idee astruse che lo inducano a sperare o temere oltre i limiti delle probabilità concrete.
 Samuel Johnson


Dr.sa Sabrina Trojani



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Bibliografia dell’articolo

Ossessioni, compulsioni, manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi.           
G.Nardone, C.Portelli, Edizioni Ponte alle Grazie

lunedì 6 novembre 2017

CONFUSIONE NELLA DIAGNOSI
 DI ATTACCHI DI PANICO





Le sempre maggiori informazioni e conoscenze medico-psicologiche sul panico hanno permesso di rendere meno “spaventosa” la diagnosi di DAP (Disturbo da Attacchi di Panico) ma hanno portato con sé anche una maggiore “facilità” con cui tale etichetta viene utilizzata per spiegare dei quadri problematici che, in realtà, non rientrano in tale patologia.

Vediamo qualche esempio.

Disturbo ossessivo compulsivo (DOC)

Possono esserci dei picchi di ansia o di panico qualora la persona sia impossibilitata a mettere in atto la compulsione che le permette di annullare l’ossessione; per questo motivo il vero obiettivo dell’intervento psicologico sono i rituali che la persona sente come necessari e non la reazione ansiosa.


Ipocondria

Il mancato controllo sul proprio stato di salute può condurre il soggetto ipocondriaco a sperimentare il panico; agire su di esso però non smonterà l’ossessione che alimenta l’ipocondria, vero bersaglio del percorso terapeutico.


Disturbo post traumatico da stress (DPTS)

Nel caso di trauma, quindi di un evento che, nella vita del soggetto, segna un “prima” e un “dopo”, il panico è uno dei sintomi che la persona sperimenta, specie in concomitanza con situazioni o ricordi che riportano il soggetto al momento del fatto traumatico; in questo caso, alcune tecniche terapeutiche tipiche per un disturbo da attacchi di panico può risultare addirittura controproducente.


Problemi di relazione
Specialmente nell'universo femminile, è possibile riscontrare casi in cui blocchi affettivi e di relazione trovano come via di uscita una reazione di tipo ansioso o di panico; la presenza o l’assenza del partner possono attivare uno stato inconscio di allarme e in alcuni casi sono gli ultimi sintomi sui quali si lavora, in quanto, rappresentano proprio l’unica possibilità per la mente di decomprimere un peso troppo grande.


Angoscia
A differenza dell’ansia, nella quale vi è PREOCCUPAZIONE per qualcosa di brutto che possa accadere, nello stato di angoscia la persona è pervasa dalla CERTEZZA che questo avvenga. Anche in questo caso, come per il DPTS, le tecniche di intervento sono molto diverse dal DAP.


Per questo è necessario, da parte del professionista, una accurata indagine sui sintomi riportati dal paziente e un monitoraggio costante delle ipotesi diagnostiche fatte.

Dr.sa Sabrina Trojani