giovedì 22 giugno 2017

IL CIRCOLO VIZIOSO DELL'IPOCONDRIA




Il maggiore e più immediato accesso alle informazioni tramite internet ha sicuramente contribuito ad aumentare, nella popolazione, le conoscenze in molti settori .

Ma ha anche contribuito ad alimentare quella ricerca che, psicologicamente, possiamo definire ossessiva, tipica del disturbo ipocondriaco.
Gli studi condotti secondo il modello della psicologia strategica hanno mostrato come la preoccupazione eccessiva per la propria salute si costruisce e si mantiene proprio a partire da quelle soluzioni che la persona mette in atto ripetutamente nel tentativo di calmare l’ansia e la sensazione di perdita di controllo. 

A nulla servono i ripetuti esami medici; sebbene risultino negativi il dubbio continua a perseguitare la persona. 

Appare quindi forse più chiaro quel meccanismo, apparentemente paradossale, per cui il contrarre una malattia può spesso spezzare il circolo vizioso dell’ipocondria che il dubbio costante, invece, alimenta. 

Fenomeno sintetizzato bene dall’aforista Milan Bestic:
 L’ipocondriaco è guarito. Si è ammalato.

Anche il parlare delle proprie ansie con altri ha un effetto calmante solo apparente; le parole altrui non potranno mai essere abbastanza confortanti, nemmeno, come abbiamo sopra detto, quelle degli specialisti.

Riconoscere questo circolo vizioso è il primo passo che molti pazienti già hanno fatto quando chiedono aiuto la prima volta; in altri casi lo si scopre proprio in prima seduta.

Strategicamente, si tratta poi di utilizzare l’attenzione focalizzata sul corpo, che la persona descrive come “più forte” di qualsiasi altro tentativo di distrazione, per ritornare ad avere il controllo della propria vita e delle proprie scelte anzichè sentirsene schiavi.

Dr.ssa Sabrina Trojani

www.studiopsicologiaverona.it
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mercoledì 14 giugno 2017

L'IMPORTANZA DI GESTIRE IL TEMPO



Esperimento di Dan Ariely:


la Classe A doveva consegnare tutti i compiti l'ultimo giorno di lezione;
la Classe B poteva scegliere liberamente tre date diverse e poi rispettarle;
la Classe C doveva portare esattamente un compito a settimana.


Risultati:
Vinse la classe C, con scadenze precise e definite.
Al secondo posto arrivò la classe B, libera di scegliere le date ma poi obbligata a rispettarle.
Ultimo posto per la classe A.


Probabilmente nessuna delle tre classi aveva voglia di fare il compito, ma la classe A si fece "fregare" PROCASTINANDO fino all'ultimo minuto i compiti.

Non si tratta più quindi di agire in base a cosa ho voglia di fare (rischiando quindi di rimandare continuamente cose che non piacciono ma che, prima o poi, dovremmo fare) ma in base a COSA va fatto.

Ossia, come spiega Gregg Krech in "L'arte di passare all'azione" si tratta di passare da un approccio incentrato sulle EMOZIONI ad uno incentrato sull'OBIETTIVO.

DR.SSA Sabrina Trojani

sabato 10 giugno 2017


L'ANSIA E IL CONTROLLO DEL FUTURO






L’accettazione dell’ansia non è compito facile; pensiamo che eliminare l’ansia significhi pensare in positivo, dirsi che andrà tutto bene, immaginarsi il meglio. 
“Non preoccuparti” è la frase che ci sentiamo spesso ripetere. 
“Fosse facile”, la risposta inevitabile.

Chi pensa (e ci riesce) in positivo è forse un indovino che sa come andranno le cose? O è forse colui che sa accettare qualsiasi risultato?

Quante volte ci accorgiamo che i nostri sforzi per controllare le paure o le ansie sono vani? 

Questi sforzi sono quelli che in psicologia strategica vengono definiti Tentate Soluzioni. Fallimentari aggiungerei. 

Sono ciò che va bloccato e sostituito con tecniche efficaci, che permettano alla persona di affrontare ciò che, con gli occhi ansiosi di oggi, sembra inaffrontabile.

Per questo in psicologia strategica la persona si porta a casa delle prescrizioni da eseguire, tecniche appunto, standardizzate sì, ma anche modellate su misura in modo che la persona possa applicarle e valutarne direttamente l’efficacia.


Dr.ssa Sabrina Trojani


lunedì 22 maggio 2017

L'INEFFICACIA DELLE TECNICHE DI RILASSAMENTO




Molti pazienti che soffrono di disturbi d’ansia e attacchi di panico mi chiedono di insegnare loro delle tecniche di rilassamento efficaci, alle quali ricorrere in caso di emergenza.

In realtà molti di loro già conoscono e hanno provato ad applicare svariati tipi di rilassamento, ma il risultato sembra essere quasi sempre lo stesso. Risultano inefficaci o non applicabili.

Quello che pochi sanno è che le tecniche di rilassamento funzionano quando già siamo rilassati. Può sembrare un paradosso, e anzi per alcuni versi lo è, ma è proprio il nostro corpo a funzionare così. 

Purtroppo le persone credono che sia un errore tutto loro, che loro non siano in grado di applicare bene e con costanza queste tecniche, ma più ci provano e meno ci riescono , aumentando quindi la frustrazione.

Se ci pensiamo bene , per poter chiedere alla nostra mente di entrare in una sorta di fase meditativa, o per chiedere al nostro corpo di abbassare la frequenza di alcuni sintomi e rilassare la muscolatura, abbiamo bisogno di un determinato contesto (rilassante appunto), di silenzio, di pochi o nulli stimoli intorno a noi.

Eseguite nelle condizioni giuste, le tecniche di rilassamento apportano validi benefici durante la giornata.

Ma in caso di ansia o di panico il tentativo di calmare i nostri sintomi è controproducente; occorre quindi ricorrere a strategie contrarie, paradossali appunto.

E’ ciò che sta alla base del lavoro psicologico di stampo strategico. Breve ed efficace.

venerdì 12 maggio 2017

PASSARE ALL’AZIONE, NONOSTANTE TUTTO 

Ovvero la psicologia giapponese 



In psicologia si parla spesso di pensieri, emozioni, stati d’animo; si analizzano, si sviscerano , si elaborano…poche volte però si parla de “l’arte di passare all’azione1 .

Molte persone in effetti lamentano di non avere la voglia, la forza, la motivazione o l’entusiasmo per agire, rimangono quindi bloccate arrivando così ad un aumento della pigrizia, della debolezza, della demotivazione e della noia, in un circolo vizioso che si autoalimenta.

La psicologia occidentale in questi casi si è sempre concentrata molto sul principio che prima di agire si deve  essere pronti per farlo.

Diversamente un filone della psicologia orientale, giapponese in particolare, lavora in senso contrario; il motto più o meno potrebbe essere questo: prima agisci, prima cambierai i tuoi stati d’animo.

Fare questo significa compiere un grande lavoro di accettazione: agire nonostante la noia, la tristezza, il poco entusiasmo, il poco tempo.
Come scrive Gregg Krech, abbiamo molto più controllo sul corpo che sui pensieri. Il segreto sta nel cominciare, rifiutando l’idea che non saremo mai in grado di fare una cosa (o di portarla a termine) solo perché non ne sentiamo la motivazione o la voglia.

Ricordando infine che l’intenzione di agire è cosa diversa dall’azione vera e propria; magari le nostre intenzioni sono molteplici e forse troppo grandi per riuscire a metterle in pratica tutte. Cominciamo con una, d’altronde sempre Krech ci  confessa che

 “non ho nulla in contrario alle buone intenzioni ma prediligerei un piccolo gesto compassionevole a un mare di idee sulla gentilezza”


Dr.ssa Sabrina Trojani
www.studiopsicologiaverona.it



Bibliografia
-       
   “L’arte di passare all’azione. Lezioni di psicologia giapponese per smettere di rimandare” ; Gregg Krech, ed.Giunti Demetra,2016.

mercoledì 19 aprile 2017

RICONSIDERARE I PROPRI DIFETTI






Quando siamo insoddisfatti di alcune nostre caratteristiche, rischiamo di passare la vita a lamentarci senza mai agire.

Una possibilità è quella di tentare un cambiamento, allenarsi giorno dopo giorno per mettere in pratica la caratteristica contraria a quella che non ci piace. 
Se siamo timidi quindi potremmo allenarci ad essere spavaldi nelle situazioni che meno ci spaventano, con le persone che meno ci intimoriscono, sulle questioni che meno ci stanno a cuore.

E’ bene prepararsi in questo percorso alle cadute, ai fallimenti, d'altronde parliamo di caratteristiche che dobbiamo appunto allenare, e quando si è in allenamento spesso si sbaglia.

C’è però un’altra strada che possiamo percorrere e usare come alternativa a quella sopra descritta, magari per riprendere fiato; ossia pensare, come ci ricorda Rampini che “non esistano affatto difetti in se stessi, ma caratteristiche né buone né cattive […] che sta a noi scegliere di orientare in un modo o nell’altro.

Sempre Rampini1 propone quindi di considerare la timidezza come una ipersensibilità per le sfumature del comportamento altrui, o l’essere goffi come chiave di autoironia; e ancora l’ipersensibilità in intuizione.

François de La Rochefoucauld in questo ci aiuta:


“Vi sono difetti che, sapendoli ben adoperare, fanno miglior figura delle virtù.
D.ssa Sabrina Trojani
Visita il sito www.studiopsicologiaverona.it


1 "Dì la cosa giusta", Matteo Rampin - Ponte alle Grazie 2012

sabato 25 marzo 2017




Attacchi di Panico
Cosa sono, come affrontarli

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